Marefestival 2016 – Salina
La grotta, un rifugio sicuro contro gli assalti dei pirati e del mare.
Quell’antro che ti avvolge, ti comprime e ti sputa verso l’abisso.
Spruzzi di maree spinte da correnti lontane,
che avvolgono le sabbie e le reti.
Le fauci della grotta che ingoiano le barche.
E poi la luce e i colori del mare, delle spiagge, delle rocce, delle piante
e dei fiori, che fluiscono nelle vene globali delle nostre timide vite.
Tutto questo scorre tra le pieghe della mia memoria.
Salina è stata la mia delizia e il mio tormento.
Ma voglio ricordare soltanto il sole rosso che si tuffa nell’immenso azzurro, o si nasconde dietro l’isola di Filicudi, sdraiata sul mare,
nella sua apparenza di donna incinta.
E la ginestra selvatica e la spinosa pianta di Cristo,
che esplodono, nel verde della macchia, in fiori gialli splendenti.
I mille colori della roccia, alla valle di Muria, dal bianco calcareo, al giallo e al verde dello zolfo, alla ruggine del ferro, al rosso cinabro e all’arancione,
al marrone e al nero dell’ossidiana, al grigio asfittico o splendente della pozzolana,
e anche il viola, l’azzurro, il celeste e il ciclamino,
e tante, tante sfumature diverse, che mutano
accarezzate dalla luce dei raggi solari, o della luna.
Quelle rocce che si inerpicano sul monte
o si tuffano tra le limpide acque del Tirreno.
Lontano, immoto, l’azzurro orizzonte, bluetto e scuro sotto la volta cerulea, o grigia di lampi e di tempesta.
La pioggia che batte su quelle rocce disegna pennellate, lucide e iridescenti, di indaco e di bruno, dipinte dalle mani segrete di ignoti artisti, forse mai nati.
Dimitri Salonia