“Nei mercati – scrive Salonia – c’è un volersi narrare, un voler dire qualcosa di sé: un’autobiografia scritta all’ombra della memoria. Sotto e sopra quegli ombrelloni Salonia spiega di aver vissuto esperienze che lo hanno segnato, maturato, cambiato. “Ritrovo – spiega – in questa serie di pitture il senso della vita vissuta, osservata, ascoltata, la vita che ti colpisce, che ti inquieta, che ti inganna e ti sorprende. Sono cresciuto con le grida degli imbonitori nelle orecchie, con l’odore caldo della carne appesa a scolare, mischiato al profumo della frutta appena raccolta”. Salonia racconta poi di aver vissuto “le voci cantinelanti (che sono state sentite anche dai presenti con l’installazione multimediale” e il brusio vociante, il contatto e la carezza di quei vestiti che si offrono al vento e al sole. I colori dei mercati mi hanno accolto bambino quando avrei mangiato anche solo il profumo delle mandorle coperte di zucchero e hanno svegliato la mia nostalgia quando anche lo zucchero acquista un sapore amaro. Ho ripescato nei miei ricordi un calore, un sapore, un odore che a poco a poco si stanno perdendo sui banconi a norma Cee, con i prezzi fissi che cancellano la contrattazione: quel sale e pepe dialettico, recitato con maestria da ambulante e acquirente per poter pensare, almeno una volt, di aver gabbato il fato”. Salonia spiega anche la funzione sociale dei mercati: “E’ una scuola di pensiero e di vita, è un agorà protetta, dove gli incontri e gli scambi culturali si nascondono nella borsa della spesa. E così si impara che il denaro non compra tutto, che il tempo è galantuomo e che co la paglia maturano anche le nespole, una lezione spicciola di vita ma ricca di antica saggezza, quella saggia consapevolezza del nostro passato che ci permette di affrontare con filosofia anche un destino amaro” . Infine Salonia si sofferma sulle banniate, le grida dei venditori ambulante spigandone la teatralità: “Quell’urlo lacerante di quella bocca aperta in una smorfia di dolore represso è muto tra le grida degli imbonitori. Il mercato diventa teatro di misfatti che nessuno sente, nessuno vede e nessuno dice: è la vita che diventa un’arena, dove si combatte una guerra eterna tra la sensibilità e la grettezza, tra il vivere e l’osservare, tra il costruire e il disgregare. E come su un palcoscenico, nella vita si recita a soggetto, ognuno prende la sua strada e cammina da solo, e il turbinio delle passioni detta il dialogo e, si scateni il plauso, si istighi il biasimo, si deve essere sempre capaci di improvvisare”.