Salonia si sofferma sulle banniate, le grida dei venditori ambulanti spiegandone la teatralità: “Quell’urlo lacerante di quella bocca aperta in una smorfia di dolore represso è muto tra le grida degli imbonitori. Il mercato diventa teatro di misfatti che nessuno sente, nessuno vede e nessuno dice: è la vita che diventa un’arena, dove si combatte una guerra eterna tra la sensibilità e la grettezza, tra il vivere e l’osservare, tra il costruire e il disgregare. E come su un palcoscenico, nella vita si recita a soggetto, ognuno prende la sua strada e cammina da solo, e il turbinio delle passioni detta il dialogo e, si scateni il plauso, si istighi il biasimo, si deve essere sempre capaci di improvvisare”. Il critico d’Arte Nino Ferraù osserva che Salonia, pur senza allontanarsi dalla realtà, “la trasfigura, la conturba e la ipnotizza, ora con un delirio aggressivo di colori, ora con magiche sfumature che creano lontananze liriche e visioni transognate”. Alludendo alle serie “I mercati” Ferraù rileva che “sotto gli ombrelli aperti e le tende s’indovina l’animazione della folla, che nasconde il protagonista, l’uomo, nella realtà emblematica di chi resta mistero per gli altri e per se stesso; mentre, quando la figura umana domina i primi piani, tutto il resto è contorno”. Ferraù nota poi che “la tecnica è varia, pur senza offuscare la caratterizzazione personale; spesso nello stesso colore si nota la ricerca delle più diverse sperimentazioni: il pittore sa quando il colore della notte deve essere il nero opaco e riposante e quando lo stesso nero deve quasi abbagliare e sprizzare aghi di raggi impazziti, come sull’asfalto bagnato, adattando le magie del colore alle esigenze del tema pittorico”.