Un’antica barca di legno si schianta contro il cancello della grotta a mare delle Balate di Pollara, dove sono state girate scene del film “Il postino”.
Lo schianto della barca rappresenta la vita dell’uomo perennemente in balia delle soverchianti forze della natura contro le quali nulla possono razionalità, intelletto e progettazione.
La stessa vita di Massimo Troisi, in perenne bilico tra slanci, passioni, creatività e destino beffardo sempre in agguato, ne è chiara e paradigmatica rappresentazione.
Nel film “Il postino”, in una sorta di chiaroscuro sospeso tra razionalità e aleatorietà, si intrecciano le storie e i destini di Troisi- Ruoppolo e Noiret-Neruda, in una visionaria chiaroveggente raffigurazione.
Nella poetica di Neruda è spesso presente il tema dell’eterna lotta dell’uomo contro il proprio destino.
Scriveva Mimmo Lazzaro, magistrato e musicista, appassionato asceta … nel suo libro di poesie illustrato da Dimitri Salonia “Valle di Muria, pista di pirati”, riferendosi ai luoghi della memoria dell’amata isola di Lipari, uno squarcio tra le sciare laviche che, “epicamente rossastre si avventurano precipiti al Tirreno a riprendersi quasi i Faraglioni sfuggitigli dal grembo, con doglie apocalittiche”.
Quelle stesse sciare laviche che hanno scavato nel tufo le grotte della memoria, nelle quali eroici pescatori si illudevano di proteggere le loro barche dalla violenza delle mareggiate invernali.
Adesso quell’antica e sublime barca di legno scavata in un albero di Eucaliptus, tagliato dalla furia delle regole sulle distanze stradali, giace serena e definitivamente protetta dentro le contorte ferraglie del cancello di chiusura della bocca della caverna.
Tuttavia il vero protagonista e il tema principale dell’installazione è sempre lo splendido paesaggio di Pollara con i suoi colori: il giallo ‘sporco’ del friabile tufo, inconsistente e precario, ma tanto morbido e docile allo scalpello del tempo, del vento e della pioggia, (e anche alla violenza dell’uomo); il verde della macchia mediterranea e del mare nelle rare giornate di calma; il bruno e il grigio della roccia e della pietra, in precipiti e ripidi declivi; il rosso del tramonto, dall’antico semaforo di avvistamento in tempi di guerra; l’azzurro del cielo nelle belle giornate d’inverno; il bianco delle facciate di calce viva sempre più rare, sempre più colorate e lisce, sempre più spigolose; il nero degli umori e della solitudine. Tutto questo in un unico vortice dell’antico vulcano, tramortito e scaricato a mare da un terribile maremoto.
Sopravvissuto un solo scoglio a mare, colonizzato da preistorici rettili, e contaminato d’estate da bianche barche di vetroresina, adagiate su solidi giacigli d’acqua.
Questo paradiso terrestre, questi giardini dell’eden rubati agli dei, sono il teatro e il palcoscenico naturale di eventi che uniscono e separano la tante vite vissute e passate da queste tufi, tra queste pietre di antica memoria tracciando e percorrendo sentieri in salita, precari e traballanti sostegni di passeggiate notturne, rischiarate da un’ enorme luna piena, che si nasconde dietro la bocca del vulcano, e da stelle splendenti tanto chiare alle stelle.
Un percorso ideale e reale per il recupero dei luoghi della natura, del territorio e della mente, per la ricerca e lo sviluppo di nuovi percorsi senza catene, né chiusure.
La mia grotta incustodita con il cancello divelto e spalancato, la barca di legno di Lorenzo agganciata, con solide cime, alle pietre infisse nell’altare di tufo, in fondo all’antro accogliente e scuro.
E quel remo di legno scolpito, appoggiato sulla tolda.
Quella scala di pietra, l’antico sentiero comunale; e in fondo, lontano, lo scoglio a mare e il curvo orizzonte.
Tutto questo, persino le cime aggrovigliate, sono già una stupenda installazione naturalistica, senza alcun intervento d’artista, che rischia di essere distrutta oltre che dalla violenza delle mareggiate, da azioni legali improbabili, dato che la mia grotta è aperta a tutti.
Tuttavia è assolutamente necessario distruggere e buttare a mare il motore e il bidone di plastica per motivi chiaramente estetici; e questo lo farà lo stesso Lorenzo.
La Signora Iolanda mi diceva che alle grotte alle Balate è preferibile lasciare il cancello aperto.
Altrimenti il mare se lo porta.
Quello stesso mare, nella prossima mareggiata si porterà la barca che installerò all’ingresso della grotta per il ventennale di Troisi, e forse si porterà via anche il cancello.
Ciò mi fa riflettere sulla precarietà delle opere dell’uomo e sulla inutilità delle liti sulla proprietà e soprattutto degli interventi per la sicurezza.
È vano ogni tentativo dell’uomo di tutelare o conservare le cose, i beni di questo nostro pianeta, e di proteggerli dalla furia del mare, del vento e del fuoco dei vulcani.
L’impeto del mare, nella prossima mareggiata di ponente, alle balate, distruggerà per sempre quel cancello e quella barca, quella precaria installazione naturalistica.
Né i cancelli, né lucchetti, catenacci o altre chiusure potranno fermare l’impeto delle acque, che anzi senza ostacoli né freni visitano liberamente le grotte e se ne vanno.
Il maremoto in un deserto non farebbe alcun danno, mentre un pacifico animale incatenato potrebbe uccidere.
“Verrà un giorno in cui bufera e pioggia distruggeranno l’ultima pietra del tuo monumento”.
Valle di muria
La roccia rosa, gialla, o bruna, aggrappata sui verdi ombrosi pendii;
la roccia bianca di sale e di schiuma di mare, verde o azzurro, e anche
grigio nelle giornate di calma.
E i faraglioni neri si risvegliano dallo sbadiglio degli abissi, immoti, immutabili e stanchi per la fatica dei vulcani e delle frane, antiche o recenti.
Lontano, in alto, il respiro della montagna.
Quel fondo di malinconia rassicurante ed estrema, che avvolge l’antro, utero di pietra, non di carne, né sangue.
Concava alcova di tristi abbandoni, un nido per amore, un rifugio per morire.
E quel russare di acque limpide e tumultuose, il respiro del mare, la voce del vento, il latrato di cani, il verso dei rapaci e dei gabbiani, si intercettano tra i sassi e le rupi. Nella notte, quel respiro di acque, quelle voci di animali si perdono nel vento e nelle nuvole. E l’alba, sospinta come una barca ormeggiata, bianca vela più ampia della barca scomparsa in una solitudine piena e assordante.
E c’erano grandi viali di eucalipti nell’isola solitaria, pieni del loro intenso profumo d’inverno, e d’estate; decapitati e inerti … indifesi contro l’assalto delle motoseghe.
E c’erano le malvasie stese al sole, sopra le canne dolci e brune nella lunga attesa della spremitura, prima delle piogge d’autunno.
Quel rifugio ancestrale, regalato dagli dei agli umani, è rimasto solenne e solitario; ha resistito ai violenti attacchi dei pirati e delle mareggiate invernali .
I ritratti scolpiti nella roccia
Con questi miei ritratti scolpiti sulla roccia e sui ruderi di Pollara ho voluto consacrare questi luoghi alla memoria storica di Troisi e all’anima antica e incancellabile del tufo e della calce.
E’ questo l’unico monumento possibile, l’unica protezione e “rete di sicurezza” contro l’attacco dei nuovi pirati, sbarcati sull’isola da luoghi vicini e lontani per sbranare gli armenti e i rifugi.
Ecco perché bisogna ripristinare gli antichi sentieri, a piedi o a dorso di mulo, per dissetare gli uccelli e i pellegrini di passaggio alla fonte perenne della fontana di S.Onofrio, che conduce al semaforo, attraverso quella macchia mediterranea che quotidianamente i vigneti dei veleni attaccano con etichette di vini pregiati.
Salina vista da Dimitri Salonia
Le installazioni naturalistiche e il muretto incrinato della casa di Pollara.
Dimitri Salonia vi parlerà del suo amore per la natura e per Pollara, e dei suoi percorsi affannosi e notturni lungo la salita dei sentieri naturalistici: dalla montagna al mare e dal mare alla montagna; dal mare al monte dei Porri o al monte delle felci.
Le piante naturalistiche e l’orto botanico dei giardini mediterranei. I siti di avvistamento dei falchi della regina e le pozzanghere per l’abbeveraggio degli uccelli migratori.
E infine, di recente, il volto giallo in dissolvenza incrociata di Troisi che è come il mito di Er di memoria platonica, mentre l’urlo e la musica del vento e del mare verranno registrati per sempre, per essere trasmessi attraverso l’impianto custodito dalla barca in rovina.
Musica di sirene, di arpe o di flauti, musica di abissi marini risuonanti, come le sirene di Ulisse; e l’anima di Troisi è legata ai cancelli degli antri, che lo avvolgono e lo proteggono dalfascinoso richiamo delle Sirene